«A inizio carriera. Mi ero laureato in Lettere e avevo una strada tracciata negli studi storico-religiosi. Scopersi però la mia tendenza allo spettacolo. Rossellini fu colpito da tre miei corti. Facevo imitazioni con successo e la gente mi applaudiva. Sono ansioso e timido. Questo mi ha dato tensione».
«Fu terribile. Avevo attacchi di iperventilazione e paura di tutto. Andai in analisi. L’ho raccontato in Maledetto il giorno che ti ho incontrato, nel '92. Da allora, le mie ansie hanno perso forza. Un po' le rimpiango, erano una droga positiva. Prendo tuttora il Serpax 15, vecchio rimedio, il migliore. Lo consiglio sempre».
«Uhhh...».
«Troppa. Però...».
«Però voglio dire che le persone più intelligenti sono le persone che non si vergognano ad ammettere le proprie fragilità. Non ho dubbi: ammettere la propria fragilità è una dimostrazione di forza».
«Io? Non ho difficoltà a parlare delle mie fragilità. A me è capitato di soffrire di attacchi di panico: roba forte. Brutta, davvero. Il mio era un problema da panico da successo».
«Era il 1978 e la mia vita stava prendendo un' impennata che non stavo riuscendo a controllare. Non potevo guidare la macchina perché mi veniva la tachicardia, l' iperventilazione, mi girava la testa, mi si bloccava il labbro: un casino. Però ne ho parlato, prima di tutti con quella che all' epoca era la mia fidanzata, poi moglie, ora ex moglie. E spingo tutti a farlo: certo non con chiunque e con una logorrea insopportabile, però a non averne timore. Ma non solo questo».
«Invito anche le persone a prestare più attenzione a chi hanno vicino. La solidarietà è importante, fondamentale direi. Bisogna essere meno superficiali. Bisogna ascoltare gli altri e non parlarsi sempre addosso. Gli altri ci mandano segnali».
«Dobbiamo coglierli. Non ci si può limitare a dire: "Oh, ma che hai, stai un po' giù? Fatti una bella mangiata, una bevuta...", quando magari si ha di fronte un depresso. Una brutta storia la depressione: bisogna assolutamente consigliare una visita dallo psicoterapeuta».
«Citando una frase del mio medico curante Gerardo D' Agostino, morto quando avevo diciotto anni. Fu lui il primo a curarmi. E mi disse: "A Carlo, ringrazia Dio che sei ansioso, se no saresti una testa di cavolo qualsiasi».
Tratto dal sito de’”Il Giornale.It” Articolo di Redazione del 22/12/2008